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ORIGINI E STORIA DELLA FUMIGAZIONE

“Dove ci sono uomini c’è il fuoco, dove c’è il fuoco c’è il fumo,
dove brucia il fumo sacro, c’è armonia.”

Preghiera degli Indiani d’America

Incenso e profumo sono due parole di origine latina che racchiudono al loro interno l’essenza della pratica di fumigare.
Incensum infatti significa semplicemente «acceso» e designa qualsiasi oggetto che, una volta stato a contatto col fuoco, continua a bruciare.
La seconda parola, Profumo, è di natura composta (per fumum) e significa letteralmente «attraverso il fumo», indicando perciò tramite quale mezzo l’aroma e le proprietà di qualche cosa che è incensa possono propagarsi.

Non occorse molto ai primi uomini, dopo la scoperta del fuoco, per accorgersi che a seconda della qualità di legno bruciato variava anche l’odore prodotto, in modo particolare quando fra i vari ceppi erano presenti frasche, radici, fiori, resine o frutti.

Il profumo, in buona sostanza, può essere assimilato allo Spirito o all’Etere.
Questa visione degli archetipi naturali riuniti in una sola materia può essere alla base del motivo per il quale i sapienti d’ogni epoca decisero di avvalersene durante le loro cerimonie sacre o lavori rituali.
Oltre a questo, alcune sostanze presenti negli ingredienti impiegati possono favorire lo scopo per il quale sono utilizzati: la resina d’olibano, ad esempio, durante la combustione produce dei cannabinoidi del tutto simili a quelli della canapa indiana, che era utilizzata nella ritualistica egizia per favorire la concentrazione.

E’ impossibile affermare con certezza quali siano state le prime popolazioni a integrare nelle loro pratiche mistiche l’utilizzo delle fumigazioni. Tuttavia abbiamo testimonianza dell’impiego di alcune sostanze a partire dai testi più antichi di medicina Ayurvedica e da reperti provenienti dalle popolazioni Assire, che circa tremila anni prima dell’epoca Cristiana ne conoscevano proprietà fisiche, sottili ed energetiche.
L’occidente avrebbe dovuto attendere circa ottocento anni prima che i Babilonesi annettessero l’incenso alle loro pratiche religiose.
Altri reperti possono essere rintracciati nel Libro dei Morti Egizio o negli scritti Tibetani, i quali forniscono istruzioni precise sull’uso cerimoniale di incensi come coadiuvanti per la meditazione o la preghiera.

Nella Bibbia troviamo le regole per comporre alcuni incensi sacri, così come sono stati riscontrati impieghi analoghi nelle cerimonie di popolazioni pre–colombiane, in quelle dello sciamanesimo amerindo o siberiano, tanto quanto nel paganesimo nordico, ellenico e romano.
Sono presenti inoltre elementi di farmacopea a base di fumigazioni (incensoterapia) all’interno della Medicina Cinese (come la moxa/moxibustione), in quella Tibetana, Indiana ed in generale in tutta la parte orientale del mondo, nonché nelle pratiche sciamaniche delle tribù Africane e Sudamericane.

C’è anche chi della preparazione e combustione di sostanze aromatiche ne ha fatto una vera e propria arte: in Giappone troviamo una disciplina chiamata Koh-Doh (Koh = incenso; Doh = via) con la propria filosofia, le regole codificate e lo spirito di continua ricerca e perfezionamento di miscele che oltre all’effetto psico–fisico sviluppino profumi delicati e armoniosi.
Il principio che sta alla base di questa via è la convinzione che osservando, ascoltando il fumo prodotto dall’incenso, e concentrandosi su di esso, sia possibile far defluire dal nostro essere tutte le preoccupazioni e gli stati ansiosi che affliggono la dimensione emotiva e mentale, ritrovando quindi l’armonia.
Ogni tradizione ha i proprio modo di interpretare le fumigazioni e di classificare i vari ingredienti da unire nelle misture, generalmente legata alla cultura, alla filosofia, alla religione ed anche al campo della magia.
Gli ayurvedici ad esempio attribuiscono ad ogni parte delle piante valenza elementale, mentre nella religione buddista troviamo una miscela di cinque sostanze aromatiche chiamata makko, della quale ogni ingrediente è indicato per favorire la trasmutazione di qualità negative in positive.

Per quanto riguarda la tradizione ebraica, ripresa poi dalla magia medievale, la classificazioni avvengono sulla base dell’analogia tra macro e microcosmo, conferendo alle erbe come ad ogni altro essere del creato caratteristiche planetarie, con relative corrispondenze a livello di effetti, compreso quello fisico.
Ad ogni pianeta, inoltre, vengono attribuite in via generale le parti delle piante sulle quali esso governa.

Le descrizioni sopra riportate sono molto eloquenti anche sul sistema di scelta utilizzato nella preparazione delle misture. Così ad esempio: per la medicina tibetana, nella mistura, vengono riunite insieme moltissime erbe, resine e cortecce che sono funzionali allo scopo (in alcuni bastoncini vi sono più di 100 ingredienti!); in quella indiana si provvederà affinché ogni mistura contenga tutti e cinque gli elementi, mentre seguendo i dettami delle scienze sacre occidentali, si riuniranno insieme quante più sostanze possibili dello stesso pianeta, o anche di altri a lui armonici, in modo da rafforzarne l’effetto e l’influenza.

Autore: Eraldo Antonio Olivieri